Personalizzazione del danno biologico: cosa significa veramente, come e quando si può ottenere
Non è facile fare chiarezza quando si tratta di chiedere giustizia per danni subiti, quindi proviamo a mettere qualche punto fermo e dare delle informazioni realmente utili rispondendo ad alcune domande fondamentali: Cosa intendiamo per danno biologico? Come viene valutato il danno e cos’è la liquidazione congiunta? Quando viene effettuata la personalizzazione del danno e come si calcolano le sue percentuali?
Fino alle sentenze delle sezioni unite della Corte di Cassazione emesse nel 2008, esisteva una sorta di dualismo nella liquidazione del danno: da una parte il danno per lesioni fisiche (biologico), dall’altra una sfera di voci di danno collegate all’aspetto morale ed esistenziale (psicologico, in senso lato).
Dal 2008 la Corte Suprema ha indirizzato la Giurisprudenza nazionale, di fatto imponendo una visione unitaria del danno alla persona: il valore di ogni punto percentuale di invalidità permanente deve oggi dunque “contenere” sia il risarcimento del danno biologico che di quello morale/esistenziale/psicologico.
Ma questa valutazione unitaria del danno come può avvenire? Non si rischia di ricadere in valutazioni troppo standardizzate e poco coerenti con le situazioni personali e di fatto?
Le tabelle oggi in uso dal Tribunale di Milano, che sono quelle adottate sostanzialmente in tutta Italia, individuavano valori “standard” di liquidazione del danno biologico, comprendendovi anche gli aspetti morali, parametrati alla gravità della lesione alla integrità psico-fisica e alla età del danneggiato.
Nel capoluogo lombardo esiste l‘osservatorio sulla giustizia civile di Milano, che, all’esito di varie analisi di concerto con magistrati della Corte d’Appello e del Tribunale di Milano e numerosi avvocati, ha rilevato, alla fine del primo decennio del secolo corrente, l’esigenza di una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute, producendo così le Tabelle oggi in uso.

Tale prospettazione ha dato esito al concetto di liquidazione congiunta:
- Del danno non patrimoniale conseguente a lesione permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, nei suoi risvolti anatomo-funzionali.
- Del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore, e sofferenza soggettiva (danno morale/esistenziale/psicologico), in riferimento ad un dato tipo di lesione.
Se lo studio dei predetti fattori si fosse limitato a quanto appena spiegato, sarebbe mancata una componente fondamentale.
Faccio riferimento alla cosiddetta “personalizzazione” del danno, cioè quel processo che deve essere effettuato quando – come di fatto spesso accade – il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato, con particolar riferimento a:
- Aspetti anatomo-funzionali e relazionali (ad esempio: lavoratore soggetto a maggior sforzo fisico; lesione al “dito del pianista” o del “gomito del violinista”).
- Aspetti di sofferenza soggettiva (ad esempio: dolore al trigemino oltre lo standard valutativo medio; specifica penosità delle modalità del fatto lesivo, ecc..).
- Ferma restando, ovviamente, la possibilità che il giudice moduli la liquidazione oltre i valori minimi e massimi, in relazione a fattispecie eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti.

Per individuare i valori monetari di tale liquidazione congiunta, l’osservatorio ha fatto riferimento all’analisi dei precedenti giurisprudenziali rinvenuti presso gli uffici giudiziari di Milano, redigendo una tabella di valori monetari “medi”, corrispondenti al caso di incidenza della lesione in termini standardizzabili, in quanto frequentemente ricorrenti, ma prevedendo anche una percentuale di aumento di tali valori “medi” da utilizzarsi per consentire un’adeguata “personalizzazione” complessiva della liquidazione nei casi testè accennati.
Quali sono le percentuali di personalizzazione per ciascun grado di danno?
Le nuove Tabelle varate dall’Osservatorio nel 2009 – ed aggiornate di anno in anno secondo valori ISTAT, sino alle più recenti del 2018 – prevedono, per ogni singola situazione risarcitoria standard, percentuali massime di aumento da utilizzarsi in via di c.d. personalizzazione.
Ecco come sono distribuite, in base al valore della invalidità permanete riscontrata, tali percentuali massime di aumento personalizzato:
- Per i danni fino ai 9 punti percentuali di invalidità, l’aumento massimo per personalizzazione è fissato al 50%, ciò significa che il giudice potrà applicare un aumento dell’importo “base” del risarcimento fino al 50%.
- Per i danni dal 10% fino al 34%, l’aumento massimo va a scalare dal 50% in giù, di un punto percentuale per ogni punto di invalidità successivo (cioè: 49% di personalizzazione per 10 punti di invalidità, 48% per 11 punti e così via fino a 25%)
- Per le invalidità pari e superiori ai 34 punti, l’importo massimo della personalizzazione è del 25%
Quando, di fatto, viene concretamente effettuata la personalizzazione del danno?
La Corte Suprema ha più volte argomentato indicando che se il danno specifico sofferto attiene ad una situazione particolare e personale della vittima, quindi straordinaria e non comune a tutti quelli che abbiano patito lo stesso tipo di lesione, allora in tali casi si giustifica un aumento del risarcimento per personalizzazione.
Tali circostanze eccezionali e specifiche devono essere opportunamente comprovate dal danneggiato, non è sufficiente che l’avvocato le descriva e le faccia presenti.
Occorreranno prove documentali e testimoniali.

Questo punto è fondamentale, poichè è in questa tematica che insistono i maggiori errori commessi sia dalle parti danneggiate che dai loro avvocati.
Non basta dire che si ha avuto una lunga depressione, occorre PROVARLO IN GIUDIZIO. Mediante testimonianze, capitoli di prova specifici, documentazione di visite psichiatriche, ecc…
Per questa ragione a volte si osservano richieste esorbitanti, mai accolte poi nella sentenza di merito.
Mi è capitata tra le mani proprio in questi giorni una sentenza, inviatami da un collega avvocato che chiedeva la mia consulenza per un possibile appello, in cui una richiesta quantificata in euro duemilioniequattrocentomila, è stata liquidata con totali euro duecentotrentamila.
Oltre dieci volte meno della richiesta iniziale.

Voglio darti un consiglio: non cercare un avvocato che agisca in tal modo, non ha alcun senso. Creerebbe in Te delle false aspettative, Ti imbarcheresti in una causa lunghissima priva di fondamento e culminante con una amara sentenza.
Sii realista, informati, chiedi consulenza a chi ha visto e maneggiato numerosi casi, non a chi promette la luna senza criterio.