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Tabelle Milanesi per il risarcimento del danno: non sempre applicabili per la Corte di Cassazione

4 Dicembre 2020

Il modello di riferimento per stabilire il risarcimento del danno biologico e del danno morale in questi anni sono sempre state le tabelle del Tribunale di Milano. Ora una recente sentenza della Corte di Cassazione sembra far cadere anche questa certezza: quali le conseguenze?

Il rapporto tra le Tabelle Milanesi e la Giurisprudenza Costituzionale e di Cassazione è sempre stato controverso.

Ricordiamo che da oltre dieci anni la Legge ha stabilito doversi produrre una Tabella Nazionale per il risarcimento del danno biologico, ma quest’ultima purtroppo non è stata mai redatta, nel continuo procrastinare tipico degli esecutivi della nostra nazione.

Le Tabelle Milanesi (di cui avevamo già parlato), in assenza di quelle nazionali, sono così il faro dei navigatori nell’orbe terracqueo del risarcimento del danno biologico.

Tale faro, tuttavia, è soggetto a studi, riproposizioni, correzioni e contrasti.

L’ultimo in termini cronologici è rappresentato dalla sentenza 10 novembre 2020, n. 25164 della Corte di Cassazione, che, come al solito, spariglia le carte, col risultato che nulla è stabile, nulla è standard, panta rei.

Naturalmente il tuo avvocato dovrà considerare tutte queste sfumature ed inserire anche questa sentenza nella sua “cassetta degli attrezzi” giuridica.

Tabelle Milanesi: come funzionano. Danno biologico e danno morale

Secondo lo spirito delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale, ogni punto percentuale di invalidità evidenzia un unico valore che ingloba il risarcimento sia del danno biologico, sia di quello morale (comprensivo di esistenziale, psichico, ed ogni relativa accezione che dir si voglia).

Il giudice può andare oltre tale valore standardizzato solo se il richiedente riesce a dimostrare di trovarsi in una situazione diversa dallo “standard” applicativo, cioè se dimostra di avere avuto una sofferenza morale/esistenziale superiore a quella mediamente provata da un soggetto che abbia subito una lesione similare (quantitativamente) alla propria.

La Corte di Cassazione non gradisce questo “standard” per determinare il danno morale

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Una recente pronuncia di cassazione (sez. III civile, sentenza 10 novembre 2020, n. 25164) evidenzia alcune criticità nell’applicazione delle tabelle milanesi, non ritenendo corretta la previsione di un criterio standard di liquidazione riferito anche al danno morale, delineando la necessità di effettuare alcuni correttivi alle anzidette tabelle, qualora non si riesca a dimostrare in giudizio la sussistenza del danno morale.

La sentenza decide su una domanda di risarcimento del danno, in cui l’attore si è visto riconoscere, in primo e secondo grado, in applicazione delle Tabelle di Milano, importi relativi alla “personalizzazione” della sua indiscussa sofferenza morale.

La sentenza d’appello viene impugnata, dando così possibilità alla corte suprema di intervenire nuovamente sul tema descrivendo i limiti di operatività della personalizzazione del danno morale.

La Corte definisce quindi tale “personalizzazione” in una “variazione …. del valore standard del risarcimento, per tenere conto delle specificità del caso concreto, ossia dell’incidenza rilevante su specifici aspetti dinamico- relazionali” riguardanti un tale e determinato soggetto danneggiato. La personalizzazione del danno pone dunque in evidenza le circostanze eccezionali e specifiche che caratterizzano il caso concreto.

In applicazione di tale principio, la Corte ha perciò cassato la sentenza impugnata poichè avrebbe fondato la personalizzazione del danno su circostanze del tutto normali, standard e comuni, derivanti dall’evento lesivo tipico. Nulla di particolare oltre la normalità.

Secondo la corte, la personalizzazione oltre il livello standard utilizzato dalle Tabelle di Milano in questo caso è erronea, poichè esse incorporano già, nel valore monetario del singolo punto di invalidità, anche il pregiudizio morale standard, senza che questo possa dunque essere ritenuto una voce autonoma e separata.

Non solo: secondo la Corte, il giudice potrebbe anche quantificare il danno morale al di sotto dello standard determinato nel punto percentuale delle tabelle milanesi. Queste ultime sono solo un punto di riferimento, non hanno un valore vincolante.

A seguito di ciò, il danneggiato in questione ha visto notevolmente ridursi il valore economico del proprio risarcimento, perchè i giudici hanno cassato il quantum relativo alla personalizzazione, ritenuta erronea.

In estrema e concreta sintesi, il danno relativo alla personalizzazione non è dunque semplicemente quello definito dal medico-legale, ma deve essere provato nello specifico dall’attività istruttoria preparata ed eseguita dall’avvocato che segue in tuo caso. Attenzione: se il danno morale non è minimamente provato, il giudice può anche ridurre gli importi standard di cui alle tabelle milanesi.

Questa prova può essere fornita secondo vari parametri legali, tra cui le presunzioni iuris tantum, le presunzioni iuris et de iure, i c.d. fatti notori, le massime di esperienza, le regole naturali, statistiche, scientifiche o esperienziali.

Quantificazione del danno: problematiche

Il danno deve essere provato secondo due aspetti: responsabilità e quantificazione.

Un danno può avere un responsabile, ma se non è quantificato, il risarcimento potrà essere irrisorio oppure addirittura inesistente.

Come abbiamo appena visto, esistono casi concreti in cui il danneggiato è stato congruamente risarcito in primo grado ed in appello, ma poi il quantum è stato ampiamente diminuito dalla cassazione.

Per evitare di incorrere in tali incresciose situazioni, il tuo caso deve essere correttamente istruito sin da subito. E’ compito del tuo avvocato.

Per qualunque dubbio tu possa avere, non esitare a contattare il nostro studio